09/11/2021
Prima di decidere qual è il materiale isolante più idoneo e il suo spessore corretto per un cappotto termico esterno, è necessario risalire ai valori di trasmittanza della parete esistente. Ecco come fare
Per affrontare in modo corretto un risanamento energetico di un edificio esistente, dobbiamo sempre fare una verifica di tutti gli elementi esistenti in cantiere; dobbiamo ad esempio, prima di decidere qual è il materiale isolante più idoneo e il suo spessore corretto per un cappotto termico esterno, risalire ai valori di trasmittanza della parete esistente.
Come facciamo a conoscere le trasmittanze termiche di un edificio degli anni ’80 o degli anni ’50? Ce lo spiega l’Arch. Paolo De Martin che nel suo Manuale di progettazione per la riqualificazione energetica, edito da Maggioli Editore, spiega come procedere.
Sondaggi e storia della costruzione
Riusciremo a risalire a un valore termico attendibile, sicuramente attraverso dei sondaggi a campione della parete, che però potrebbero essere visti come leggermente invasivi e non accettati dagli abitanti dell’edificio.
Possiamo tentare di risalire alla scheda tecnica dell’edificio, se presente negli archivi comunali, operazione che spesso non porta a risultati concreti.
Sicuramente si può risalire alla storia della costruzione, se nell’edificio in oggetto vive ancora qualche abitante che all’epoca dei lavori era presente in loco. Oppure possiamo optare per una scelta di tipo statistico, con un livello di approssimazione accettabile, anche se non indicativo di quella specifica situazione di stratigrafia, verificando nelle tabelle di alcuni enti di ricerca, anche universitari, quali sono i valori medi equivalenti di trasmittanza per epoca e zona climatica degli edifici, che possono essere utilizzati indicativamente come valori di trasmittanza.
Ad esempio una muratura in pietra degli anni ’50, come valore equivalente di trasmittanza di muratura, può avere un valore U indicativo di 2,3.
Un mattone pieno sempre di quegli anni potrebbe avere un valore U di 0,9, un blocco di pietra arenaria del 1958, ad esempio, può avere un valore U stimato intorno a 1,3, una muratura del 1958 a cassa vuota con dei mattoni pieni con intercapedine d’aria centrale e un’altra muratura a mattoni pieni può avere un valore U di 0,97, valutazione che in questo caso ci potrebbe suggerire di inserire uno strato di cellulosa insufflata in intercapedine.
Le tabelle di tipo statistico-empirico ci forniscono una possibile applicazione dei valori di trasmittanza U abbastanza valida e attendibile, anche perché nella maggior parte di casi sono stati valutati in modo peggiorativo, quindi si tratta di valori testati dall’esperienza e corretti con un margine di sicurezza tale da garantirci una veridicità dei valori.
A volte possiamo anche risalire al progettista dell’opera, che potrebbe fornirci molte informazioni attendibili e anche dei disegni costruttivi e di dettaglio del nostro edificio da risanare.
La storia nazionale dei materiali da costruzione
Sicuramente dobbiamo accertarci ad esempio, in una parete, con quale tipo di mattone è stata realizzata, mattone pieno, laterizio classico, laterizio porizzato (diffuso prevalentemente dopo gli anni ’90 e sempre privo di cappotto esterno), il tipo di pietra. Può capitare che di un materiale isolante, non se ne conosca nemmeno la presenza e che nessuna tabella empirica potrebbe comprendere.
La storia nazionale dei materiali da costruzione ci può senz’altro aiutare: ad esempio sappiamo che dagli anni ’80 i valori di trasmittanza termica cambiano improvvisamente, migliorano le prestazioni e gli edifici incominciano a diventare un poco più efficienti, con pareti che iniziano ad avere dei valori U complessivi intorno a 0,45-0,50, sempre troppo alti, ma comunque migliorativi rispetto al passato.
Il miglioramento dei valori U è determinato in parte dall’inizio dell’uso dei laterizi porizzati per la parete, che già allora presentavano dei valori di conducibilità termica nettamente migliori rispetto ai laterizi classici fino ad allora utilizzati in edilizia. Dopo gli anni ’90 l’alta diffusione del laterizio porizzato, con blocchi ancora più efficienti, ha portato ad una riduzione delle trasmittanze di parete, al punto che molti progettisti ed imprese edili proponevano il blocco da 38 cm come sistema isolante vero e proprio ad alta efficienza energetica, con risultati di efficienza però ancora troppo bassi.
La cultura tecnica dell’isolazione a cappotto termico era soltanto all’inizio e quindi stentava ancora a farsi valere, anche fra gli addetti ai lavori, che pensavano che bastasse un buon laterizio con un valore λ di 0,35 per realizzare una parete molto efficiente.
In ogni caso gli edifici realizzati in quegli anni in molte zone d’Italia (soprattutto al Nord) presentavano delle pareti migliori rispetto a quelle realizzate nei decenni precedenti e questo ci può aiutare, ad esempio, nell’analisi degli edifici che dobbiamo risanare, realizzati dopo gli anni ’90, ancora privi di cappotto termico, ma già con un livello di efficienza di base accettabile nell’elemento strutturale e di tamponamento.
tratto da Ediltecnico è Quotidiano online per professionisti tecnici di Maggioli Editore